Il mercurio nel Nord Adriatico
Il rilevante interesse nei confronti della presenza e mobilità del mercurio (Hg) negli ambienti fluviali e costieri è dovuto all’estrema tossicità della sua forma metilata (metil-Hg) di cui è nota la propensione all’accumulo lungo la catena trofica con potenziali effetti negativi sull’uomo.
Nelle acque e nei sedimenti del Golfo di Trieste sono state riscontrate elevate quantità di Hg, la cui presenza è conseguenza dell’attività estrattiva della miniera di Idria (Slovenia occidentale) situata nel bacino idrografico del fiume Isonzo, il principale input d’acqua dolce dell’estremo settore nordorientale del Mar Adriatico.
Gli apporti isontini nel Golfo di Trieste, dispersi prevalentemente verso occidente a seguito della circolazione delle correnti, hanno contribuito ad incrementare le concentrazioni di Hg anche nelle adiacenti lagune di Marano e Grado. La presenza di questo metallo nel settore più occidentale del sistema lagunare è stata in seguito amplificata, dagli anni ’40 fino agli anni ’80, dallo sversamento incontrollato nel fiume Aussa di reflui provenienti da un impianto soda-cloro del complesso industriale di Torviscosa (UD).
L’accumulo del mercurio negli organismi acquatici è un potenziale problema se si considera l’ampia diffusione in ambiente lagunare sia della raccolta di molluschi e bivalvi sia della pesca e dell’allevamento nelle di specie ittiche commerciabili. Il Golfo di Trieste e la laguna sono quindi “laboratori naturali”, ove è possibile, attraverso la ricerca, approfondire le conoscenze sul ciclo biogeochimico del mercurio in ambiente acquatico al fine di limitare eventuali effetti negativi sul comparto biologico.